Le premesse strategiche
Gli alleati erano certi di una cosa: con Hitler vivo la Germania non si sarebbe mai arresa. Anche con Hitler morto i successori, con ogni probabilità altri personaggi del regime o militari, avrebbero cercato di mantenere un'area di resistenza per vendere cara la loro resa. Le democrazie occidentali erano molto sensibili al bagno di sangue che si prevedeva necessario per schiacciare quest'ultima resistenza.
Per molti motivi, in un gioco di specchi, pensando che la banda di pazzi che governava gli ultimi giorni della Germania si comportasse con razionalità politica e militare l'alto comando alleato era convinto che i reparti combattenti si sarebbero ritirati in un'area comprendente la baviera, il Salisburghese, il Tirolo e l'Alpenforland; area nella quale con le munizioni e le armi a disposizioni i tedeschi potevano resistere un altro anno e, comunque, far pagare un prezzo altissimo agli attaccati.
Era a tutti sconosciuto il progetto Manhattan e l'ipotesi che le bombe di Hiroshima e Nagasaki potessero essere sganciate su Berlino e Monaco.
In questo quadro il fronte sud, noto come linea gotica, costituiva un potenziale grave pericolo: sul fronte e nelle immediate retrovie i tedeschi avevano 600.000 formidabili combattenti. Vero era che di fronte a loro vi erano oltre 700.000 soldati altrettanto validi e alle loro spalle 200.000 partigiani che, seppure armati in modo leggero potevano fare danni molto gravi.
Oltre al fronte della Gotica i tedeschii avevano sparsi per il Nord Italia circa 30.000 soldati in funzione antipartigiana, 6.000 a Genova, altrettanti a Torino e Milano. Le riserve, poco mobili, ma combattive della whermacht sono tuttavia quelle della FLAK (antaerea) che solo lungo la valle dell'Adige tra grandi e piccoli conta un migliaio di cannoni e la disponibilità di una decina di migliaia di serventi.
Non analizziamo il piano generale degli alleati, indichiamo solamente gli obiettivi e, all'interno di questi il ruolo di tre divisioni che troveremo nella cavalcata verso verona:
1- Attaccare su tutto il fronte per evitare il ritiro di truppe non attaccate
2- Distruggere le truppe tedesche a sud del Po con un possibile accerchiamento tra Bologna e Ferrara.
3- Per il fronte a Ovest di Bologna non si prevedevano accerchiamenti, ma l'obiettivo era sfondare il fronte e raggiungere il Po prima dei tedeschi in ritirata in modo da precluderne il passaggio.
4- Per le divisioni 10 da montagna, 85 e 88 era poi previsto il passaggio del Po con l'85 che avrebbe occupato Verona, la 10 che si sarebbe diretta verso il Garda per bloccare le due gardesane da truppe in ritirata da Ovest e l'88 si sarebbe diretta verso vicenza per bloccare eventuali ritirate dal Po e dall'area di Padova Venezia dove arano dislocate alcuni battaglioni di riserva mobile anche pesantemente corazzati (una compagnia di Tiger a sud di Padova).
La 10^ da montagna, ovvero gli alpini a stelle e strisce, era una divisione di fanteria leggera che si era distinta nell'attacco il 18 e 19 febbraio alle alture di Riva, un gruppo di alture che sbarrava le velli che discendevano verso il modenese. Il lato d'attacco aveva delle scarpate che avrebbero richiesto l'arrampicata in roccia, ma gli alpini a stelle e strisce, preferirono l'infiltrazione notturna coperti dalle nuvole basse. Settecento mountainers si impadronirono della cresta e resistettero nei giorni successivi a violenti contrattacchi tedeschi. Fulcro della resistenza furono i genieri che in poche ore realizzarono una teleferica che riforniva il presidio ed evacuava i feriti.
Il successivo 19 febbraio la 10^ attaccò monte Belvedere, senza artiglieria, alla baionetta. I tedeschi contrattaccarono ben 7 volte e le perdite della 10^ furono altissime, ben 192 morti e oltre 600 feriti, ma il monte era in mano americana ed era la base da cui sarebbe scattata l'offensiva. Il monte era importante perchè controllava la sottostante valle attraverso cui dovevano passare i mezzi mobili al momento dell'offensiva generale: poci mortai su quel monte potevano bloccare l'offensiva di tutta la divisione.
Il 6 aprile 1945 scattò l'offensiva alleata. Secondo il piano di Alexander avrebbe dovuto svolgersi in due momenti: un primo devastante attacco sulla strettoia di Argenta con successivi attacchi da Imola a Bologna e un attacco in un secondo tempo a Ovest di Bologna; il primo attacco non è materia di questa presentazione, il secondo attacco prese il via quasi 10 giorni dopo il 14 Aprile.
Le direttrici di attacco sono riportate nella cartina seguente; si può notare come la 10^ abbia percorso il crinale delle colline; percorso che non prevedeva i carri armati e autocarri. Questo, oltre alla forte opposizione nemica spiega come la 10^ ci abbia messo 8 giorni per raggiungere il Po.
Il giorno dell'attacco la 10^ tra morti e feriti perse 553 uomini.
Arrivati in pianura gli alpini a stelle e strisce, assieme alla 88^ "blue devils" e alla 85^ "Custer" si slanciarono verso il Po incuranti dei piccoli gruppi di tedeschi che sorpassavano.
La 10^ arrivò al Po il 22 Aprile, senza artiglieria e senza barche per attraversarlo; è stata però raggiunta da qualche camion divisionale che ha portato razioni e munizioni; per strada i soldati della 10^ si sono impadroniti di ogni mezzo di trasporto a motore su cui potevano mettere le mani compresa, dice una leggenda, una Fiat Topolino su cui prende posto il medico e il dentista della divisione. Manca ogni ricognizione della riva opposta, mancano addirittura le mappe. Manca perfino il cavo del telefono per collegare una testa di ponte sulla riva sinistra del Po con il resto della divisione.
Al generale Hay, alle 8:30 del 23 Aprile, arriva la notizia che le barche erano a meno di 10 km di distanza, diede l'ordine di attraversare il Po. L'attraversamento avvenne a mezzogiorno e, con una certa sorpresa degli americani, trovarono la sponda nord non presidiata.
Sebbene l'attraversamento non fosse ostacolato dalla MG che spazzavano il fiume essendo poche le barche l'attraversamento dura tutta la notte e il 24 Aprile mattino gran parte della divisione è sulla sponda Nord.
Più a valle, verso Ostiglia, lo stesso giorno anche l'88^ comincia l'attraversamento del Po, in forma un po' più comoda della 10^ dato che hanno a disposizione veicoli anfibi LVT-4 Amtrack chiamati dagli inglesi "alligators" e dagli americani "water buffalo".
Data la testa di ponte della 10^ consolidata presso San Benedetto i genieri cominciano la posa di un ponte che doveva sopportare il traffico di camion e carri armati da quello che, presso San Benedetto, si stava trasormando in un immenso deposito della potenza alleata.
Dei tre reggimenti della 10^ l'87^ si riorganizza per un nuovo balzo in avanti, l'86^ viene lanciato alla volta di Verona e l'85^ avanza su Mantova.
Aldo dice 26 x 1
E' l'ordine di insurrezione nazionale lanciato dal CLN il 25 aprile che significa attaccare dalle ore 1 del giorno 26.
Le solite polemiche del dopoguerra cercano di dimostrare che l'ordine del CLN in realtà era una posizione politica militarmente inutile dato che i tedeschi combattevano da 10 giorni ed erano stati sconfitti a sud del Po; in realtà, ragionando in termini puramente militari, è il caso di non dimenticare che tra l'Adige e il Livenza si arresero alle forze partigiane e agli alleati avanzanti un paio di centinaia di migliaia di tedeschi. Queste truppe, se libere di muoversi, avrebbero potuto costituire la difesa sud del paventato Ridotto Alpino.
L'insurrezione non fu un carnevale di eroi e vigliacchi, ma per quanto possibile una operazione strategicamente pianificata con i seguenti obiettivi:
1- Difendere le fabbriche e infrastrutture
2- Bloccare o limitare il movimento dei tedeschi mediante sabotaggi stradali in particolare dei ponti
3- Bloccare o limitare le comunicazioni dei tedeschi (ogni cavo telefonico doveva essere interrotto)
4- Bloccare i tedeschi all'interno delle città ed impedirne con ogni mezzo la ritirata.
Mentre la 10^ si pprestava a lanciarsi verso Verona veniva proclamata l'insurrezione nazionale.
Il giorno 25 Aprile la 10^ si lancia sulla statale che da Mantova va a Verona. Ormai sono arrivati alcuni camion e in testa alla colonna vi sono alcuni carri da ricognizione (gli Stuart chiamati Honey dai conduttori); la compagnia C del primo battaglione dell'85^ reggimento è alla testa dell'avanzata. Dopo un breve scontro a fuoco con una pattuglia della 362^ divisione tedesca entra in Villafranca che attraversa ad alta velocità ostacolata solo dall'entusiasmo della popolazione: "attraversammo molti villaggi dove la gente si raccoglieva attorno a noi per darci pane e latte caldo o freddo, la gente delle fattorie correva lungo la strada con vino, uova e pane per noi gridando 'bravi' e 'liberi' ... la gente gettava fiori sui carri armati baciava i ragazzi, agitava le mani, alzava in alto i bambini (Testimonianza di John Imbrie)".
Passata Villafranca la compagnia si affaccia all'areoporto cominciando a sparare su tutto quello che lì si muoveva. Il diario della 10^ riporta che non si aspettava di trovare resistenza dato che i partigiani (e questo è un importante riconoscimento ufficiale) avevano preso prigionieri 26 tedeschi.
In realtà americani e tedeschi stavano convergendo sulle stesse strade verso verona e talvolta un grupo sorpassava l'altro trovandosi di fronte o venendo attaccato ai lati o alle spalle. I prigionieri catturati appartengono alla 26^corazzata, alla 90^ panzergranadier e alla 1^ divisione paracadutisti; quest ultimi non provengono dalla Romagna dove il fronte è stato sfondato, ma da un battaglione in ricostituzione a sud del Garda.
Occupato l'areoporto gli ameriicanii proseguono verso Verona mentre a Villafranca arriva il resto della divisione.
Alle 18 le avanguardie della 10^ e della 88^, su strade diverse ma convergenti, raggiungono Cadidavid dove si svolge l'ultimo breve combattimento prima dell'entrata in Verona.
Alle 20 dopo una sosta per raggrupparsi e definire l'avanzata gli americani si addentrano in città proseguendo fino alla zona della ferrovia raggiunta alle 22.10.
Lo spettacolo che si presenta agli occhi dei soldati americani è sconvolgente: binari divelti, carri e locomotive rovesciati e penzolanti dal ponte sull'Adige distrutto dai bombardamenti. A questo punto gli americani decidono di arretrare di un mezzo chilometro e attestarsi presso l'incrocio tra Via Tombetta e Viale del lavoro da cui hanno un ampio campo di tiro. Saggia decisione perchè per tutta notte sono attaccati (o semplicemente investiti) da tedeschi in ritirata che cercano la salvezza oltre l'Adige attraverso verona.
L'incrocio della foto, che tutti i veronesi conoscono, diventa poi noto come bloody corner ossia angolo insanguinato per l'alto numero di morti tra i tedeschi; per contro gli americani non registrano alcuna perdita
non I veronesi noteranno che la direzione di marcia degli americani è verso Bgo Roma, ossia in direzione opposta al centro città. Ciò in ragione del fatto che la 10^ non aveva il compito di occupare Verona, ma di dirigersi verso le gardesane per bloccare eventuali ritirate tedesche verso il trentino.
Nel frattempo, dalle 19 dello stesso giorno, i tedeschi fanno saltare tutti i ponti di Verona. Una pura vendetta, ma questa è un'altra storia.
La 10^, a cui sono stati aggregati i Ranger del col. Darby (che era anche il vicecomandante della divisione) prosegue poi lungo le gardesane e a Torbole (presso Riva del Garda) il col. Darby muore colpito dalla scheggia di una esplosione di un proiettile di artiglieria. Le poche informazioni che ho ricavato danno l'ultima resistenza presso Riva del Garda in carico ad un battaglione di paracadutisti che da Boscochiesanuova, dove avevano la scuola di formazione, erano scesi ad Ala e da lì scavallato fino a Riva.
Oggi non ci sono più testimoni e in quelle ore gli ordini scritti erano molto rari, ma molti indizi fanno ritenere che il compito di tale "marcia gioventù" fosse quello di distruggere le macchine utensili della Beretta e del 10^ reparto FIAT che da Torino erano state portate nelle gallerie della gardesana occidentale e della Caproni nella galleria di Torbole